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La terra del grande fiume: viaggio ITP in Laos

di Sonia Anselmo

Alberi di frangipane e ninfee viola, piantagioni di caffé e risaie, cascate immerse nella vegetazione e villaggi fangosi, Buddha e templi dorati. In mezzo il grande fiume, vita e sostentamento. Il Laos è un Paese affascinante così come lo è il Mekong, che lo attraversa quasi per intero.
Un Paese che con un viaggio di Italian Travel Press e Asiatica Travel abbiamo scoperto in lungo e largo, soffermandoci sulle bellezze naturali e quelle artistiche, storiche, spirituali.

L’inzio e la fine del viaggio sono tutte per Vientiane, la piccola capitale dai templi musei, dal grande stupa dorato, dai ristoranti di cucina laotiana con un’impronta internazionale, dall’arco di trionfo di ispirazione coloniale francese, o meglio il Patuxai Laos, il monumento della Vittoria, dai giardini lussureggianti. Vientiane è flemmatica, mai frenetica, il caldo umido la rende lenta, in un mix di contemporaneità, come nelle luci notturne sulle fontane, e tradizione.

Viang Chang, la città della Luna, (il nome originale di Vientiane, senza francesismi), fu fondata nel IX secolo sulla fertile riva del Mekong, capitale del regno del milione degli elefanti, il Laos o Lao, come preferiscono i suoi abitanti, dal 1560. Il fiume è ancora al centro di tutto: al tramonto la sua sponda si anima di vita, dei giochi dei bambini, dei balli delle signore, del mercatino
notturno e dello street food. E’ come se a quell’ora abitanti e visitatori, come noi giornalisti di ITP, si siano dati appuntamento sulle rive.

 

A Vientiane, alla periferia cittadina, si trova il Cope, il centro di riabilitazione con museo annesso dedicato alle vittime delle bombe inesplose, durante e dopo la guerra del Vietnam. Un pugno nello stomaco, addolcito dalle sculture fatte con le mine recuperate che sembrano moderni lampadari, che racconta un altro lato di Vientiane, quello più cupo e drammatico.
Invece per ammirare l’aspetto più gioioso si va al Buddha Park, una sorta di parco divertimento illustrato con sculture giganti in cemento di Dei e miti induisti e buddhisti in un giardino dai fiori spettacolari. Ovviamente si trova vicino al Mekong, quasi al confine con la Thailandia.

Il fiume ha continuato a fare da filo conduttore nel nostro viaggio. Una puntatina nel sud del Laos, dove si coltivano caffé, tè e altri ortaggi, dove i villaggi, tutti  raggruppati intorno al tempio locale e alla scuola, si raggiungono in barca e dove le antiche tradizioni sopravvivono, come l’abilità di intrecciare i fili di bamboo che diventano cestini per il riso glutinoso, re della cucina laotiana, dove le 4000 mila isole e isolotti che emergono dall’acqua si fanno ammirare e dove le cascate regnano sovrane, a gradoni o a picco sulla roccia, sempre immerse in una vegetazione rigogliosa.

Un viaggio in Laos non ha senso senza una tappa a Luang Prabang, la vecchia capitale, il centro spirituale del Paese, dove il tempo è sempre poco per vederla al meglio.
Ogni angolo è una scoperta, in un mix tra vecchie influenze francesi e splendori laotiani, a cominciare dal Palazzo Reale, con le sue pareti interne ricoperte di mosaici con scene quotidiane fatti con specchietti colorati. Gli stessi che si ammirano al tempio Wat Xieng Thong, uno dei tanti luoghi sacri cittadini, forse il più magico. L’aura spirituale di Luang Prabang, però, si percepisce all’alba quando i monaci girano in silenzio per la questua mattutina: un rito ancestrale, che coinvolge visitatori e abitanti, e rende chiaro come la città abbia il dono dell’armonia.

Un po’ come convivono le varie etnie del Laos, che si possono comprendere e ammirare nel Arts and Ethnology Centre. Da non dimenticare anche i villaggi che sorgono in periferia, tutti dedicati all’artigianato, dalla carta realizzata con una corteccia di un albero all’argento e alla preziosa seta e ai tessuti di vario tipo, che sono il fiore all’occhiello del Laos e di Luang Prabang.

Anche qui il Mekong brulica di vita: le sponde con gli orti coltivati, soprattutto ad anacardi e ortaggi, le grandi rocce che emergono dall’acqua come forme di animali giganti, le Grotte di Pak Ou, le grotte naturali riempite dai fedeli da centinaia di statue di Buddha.

A trenta chilometri da Luang Prabang le cascate Khuang Si, dove l’acqua è trasparente e si può fare il bagno nelle varie vasche formate dai gradoni, sono immerse in una foresta dove vivono ancora gli orsi, che sono protetti grazie al Bear Rescue Centre, che si occupa di curarli e rimetterli in libertà.

L’aspetto moderno di Luang Prabang, poi, è dato dalla nuova stazione ferroviaria, sembra una pagoda rossa luccicante con treni ad alta velocità e perfetto funzionamento.
Noi di ITP abbiamo preso il treno per andare a Vang Vieng, cittadina consacrata alle attività sportive nella natura: bici, canoa, parapendio, trekking e visita con bagno alla Laguna Blu, una piscina naturale immersa in un bosco. Qui il Mekong ha lasciato il posto al suo affluente, il Nam Song dove si può fare una gita in un barchetta da due persone alla scoperta dei bufali d’acqua che si immergono.
Una corsa elettrizzante nella natura, perfetta come ultimo ricordo di questo viaggio ITP nel Laos, prima di partire per Vientiane e imbarcarci sul volo di ritorno a casa con molti ricordi, immagini e sensazioni nel cuore.

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