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Go! Borderless, da Gorizia e Nova Gorica la narrazione di un territorio senza più barriere

di Monica Guzzi

Fare delle differenze una ricchezza e sciogliere il confine in un abbraccio. E’ ciò che è successo a Gorizia e a Nova Gorica: le due città divise dopo la Seconda Guerra Mondiale si sono ritrovate unite nella prima capitale transfrontaliera della cultura in Europa. E’ bastato che due uomini si parlassero – il sindaco sloveno ha fatto al collega italiano la proposta di tentare insieme la strada della candidatura europea – per raggiungere un obiettivo che sarebbe stato inimmaginabile senza “l’altra metà”. Lo slogan di questo 2025 magico, da capitale europea della cultura, è emblematico: “Go! Borderless”, un messaggio che riparte dalla narrazione di un territorio senza più barriere.

Il viaggio dei giornalisti di Italian Travel Press non poteva non partire dalla piazza della stazione transalpina, divisa a metà da un confine tracciato a tavolino, separando da un giorno all’altro famiglie, spaccando vigneti, stalle e persino cimiteri.  Da un lato l’Italia, che aveva perso la guerra, dall’altro la Jugoslavia, che aveva vinto, e poi dal ‘91 la Slovenia diventata indipendente. Le stesse cose improvvisamente si sono trovate a rivendicare nomi diversi: così i piatti della tradizione (i famosi e succulenti ravioli cjarsons a Gorizia, žlikrofi a Nova Gorica) ma anche i vini, i cognomi. 

E in quel territorio, crocevia di culture slava, germanica e latina, dove diversi popoli hanno convissuto a lungo fino alla disgregazione dell’impero Austro-Ungarico, sono cresciute gomito a gomito due piccole capitali: in Italia l’antica Gorizia, ribattezzata come la Nizza austriaca, mentre in Jugoslavia nasceva una città moderna, Nuova Gorica, progettata come una città di fondazione monumentale per fornire servizi e risposte al territorio al di là del confine, rimasto orfano di un capoluogo.

Oggi questa piazza, con il suo museo e una pavimentazione emblematica, è diventata il simbolo di un confine che si è sciolto nell’Europa, rappresentando un messaggio di pace e di ricchezza nelle differenze in un mondo che ha ricominciato a costruire muri. Il monumentale edificio della stazione ferroviaria inaugurata nel 1906 dall’arciduca Francesco Ferdinando oggi si trova a Nova Gorica. Era un tempo la stazione settentrionale di Gorizia ed è il punto di partenza per il percorso verso la Valle dell’Isonzo, la Valle del Vipacco e il Carso. 

La piazza ha due nomi, sloveno e italiano. Il mosaico al centro, nato proprio dove da un giorno all’altro è stato tracciato il confine, è un’opera realizzata da Franko Vecchiet, sloveno di Trieste, in occasione della caduta del confine e dell’ingresso della Slovenia nell’Unione Europea nel 2004, seguita nel 2007 dall’entrata in Schengen. Qui si trova il Museo del confine che racconta le vicende successive alla separazione tracciata il 10 febbraio del ’47 con gli Accordi di Parigi.

Adriano Korsic, titolare di un ristorante a San Floriano del Collio, è stato sindaco negli anni più ingarbugliati. Qui, tra le viti e le cantine del Ribolla Giallo, il confine passa a pochi metri. “Nel ’33 il mio cognome è diventato Corsi, nel Ventennio per lavorare bisognava cambiare il nome”. La storia poi è stata segnata dalla legge del contrappasso, ma, ricorda l’ex sindaco, “il Collio è sempre stato una realtà unica”. Però “fino al ’55 non si poteva superare il confine e i doganieri sparavano.  Bisognava fare attenzione”.

Poi è arrivata la svolta col Trattato di Udine, con la creazione del lasciapassare, per favorire i movimenti dei contadini che si sono visti dividere i campi e favorire il ricongiungimento delle famiglie separate da un confine tracciato con vernice e scopa. Il cimitero di Merna (Miren in sloveno) è rimasto a lungo diviso in due. Oggi due installazioni multimediali all’ingresso del cimitero raccontano l’assurdità di quella scelta che ha separato tombe e spaccato famiglie in base al luogo della morte. Con il cimitero, il Museo del Lasciapassare e il Museo del Contrabbando – favorito dalla presenza di due economie molto diverse (quella occidentale e quella del socialismo sovietico nei primi anni, da cui poi Tito si sarebbe staccato) – raccontano quei tempi difficili, dove passare il confine con carne, sigarette e giornali proibiti da portare ad amici e parenti dall’altra parte poteva diventare molto pericoloso.

Oltre il confine, due città fiere. Gorizia è una piccola capitale, con grandi piazze, palazzi antichi e un castello in collina. Una strada ottocentesca collega la zona vecchia con la linea ferroviaria tracciata dagli Asburgo nell’Ottocento. Furono gli industriali tedeschi che si trasferirono qui a fare pressione per costruire una stazione vicino al centro. Tedeschi e austriaci venivano a svernare nella Nizza austriaca anche per la sua vicinanza agli stabilimenti di Grado. A pochi passi si trovano il Teatro Verdi, già dedicato al musicista per eccellenza del Risorgimento in periodo austriaco, poi il municipio, ospitato nel palazzo settecentesco della famiglia Attems Santa Croce, il Duomo  e il Borgo Castello. Qui sorge il maniero medievale con la crudele Dama Bianca, l’avida contessa  che ancora di notte secondo la leggenda si aggira tra le stanze a caccia del suo tesoro. 

I musei provinciali ospitano la ricostruzione della Grande Guerra e la sezione Moda, con i più spettacolari abiti dal ‘700 al ‘900. Il castello, eretto intorno al Mille, fu abitato dai conti di Gorizia fino al Cinquecento. Alla morte di Leonardo, l’ultimo conte, il feudo e il castello di Gorizia divennero proprietà dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo. Il conte Leonardo preferì lasciare tutto agli Asburgo piuttosto che a Venezia. La Serenissima riuscì a conquistare Gorizia per tredici mesi, ma fu poi ricacciata indietro e il territorio restò in mano agli Asburgo.

Completamente diversa Nova Gorica, nata nel dopoguerra per fornire un centro di riferimento culturale, amministrativo ed economico agli sloveni separati da Gorizia con lo strappo del nuovo confine. La città è stata costruita dell’architetto Edvard Ravnikar ed è segnata alla sua periferia dal fiume Isonzo con il famoso ponte di pietra di Solkan, il ponte con l’arco di pietra più lungo al mondo affacciato sulle acque verde smeraldo, un capolavoro dell’ingegneria, costruito all’inizio del secolo scorso come parte della famosa linea ferroviaria Transalpina e ancora oggi utilizzato. Fa da sfondo ad altri due ponti più moderni, uno stradale dove d’estate è possibile provare il brivido del bungee jumping, e una moderna passerella per ciclisti e pedoni che unisce le piste esistenti sui due lati del confine.

Tra le chicche, il convento francescano di Kostanjevica, che sovrasta Nova Gorica e custodisce tesori culturali e storici unici, come la famosa Biblioteca di Stanislav Škrabec, con più di 16mila volumi, tra cui 32 preziosi incunaboli, raccolti dal più noto linguista slavista del XIX secolo.  Ma il monastero è noto soprattutto per la cripta dei Borboni, dove sono custoditi in sarcofagi di pietra i resti degli ultimi discendenti della famiglia reale francese, tra cui l’ultimo re, Carlo X. A maggio il suo giardino è inondato dal profumo delle splendide rose Bourbon. Queste rose, piantate nel 2003 nel giardino del convento, che custodisce una vasta raccolta di esemplari antichi, prendono il nome dall’Ile de Bourbon (oggi Réunion), dove sono state ibridate per la prima volta.

Ogni anno Nova Gorica ospita il Festival delle rose, seguendo un percorso tra i giardini più profumati, fino a raggiungere il monastero. Ma Nova Gorica è nota soprattutto come  la “Las Vegas d’Europa”. Qui il Gruppo Hit, Universo del divertimento interamente statale, che qui, 40 anni fa, ha inaugurato il suo primo casinò, dando inizio a una storia di successo nel settore dell’intrattenimento e dell’ospitalità a livello europeo, mettendo sotto lo stesso tetto ospitalità, gioco, spettacoli, eventi e convegni, benessere e un’offerta culinaria di grande livello, sempre più ispirata alla formula Glocal Gourmet. Il Perla e il Park, centri di gioco e intrattenimento con hotel 4 stelle, offrono un mix esclusivo di relax e divertimento. Completano l’offerta gli alberghi 3 stelle Lipa e Sabotin e il Casinò Drive-in. Oggi, tra roulette e maratone di poker (solo al Perla, un milione di ingressi l’anno, sono 90 i tavoli verdi, con un numero record di 888 slot machine, delle quali 109 posizionate nell’area”Open Air, e una poker room di 700 metri quadrati) si fa sempre più strada strada anche un turismo dei sapori che ha fatto del Calypso del Perla uno dei ristoranti più raffinati e apprezzati della Slovenia, inserito nelle prestigiose guide Gault&Millau, Falstaff e Michelin, grazie allo staff di cucina guidato dall’executive chef del Perla Matjaž Šinigoj e dal capocuoco del Calypso Dalibor Janačković.

Succulenta la cucina della zona dalle tradizioni mitteleuropee, emblematico il vino dall’etichetta SineFinis: è prodotto da due cantine con due campi diversi, dove un anno si vinifica in Italia e un anno in Slovenia. Il brindisi migliore per una capitale senza più confini.

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